martedì 10 marzo 2009
Della funzione di amministrare un piccolo Comune
di Chiara Pagano
1. Della funzione genitoriale dell’amministrare.
L’Amministrazione di un Comune è un’attività che, semplificando, di molto somiglia alla funzione genitoriale. Lo schema è lo stesso: c’è una casa (il Comune) da amministrare, ci sono dei figli piccoli da accudire, da crescere, per i quali pianificare un futuro fatto di possibilità, istruzione, servizi (pensiamo alle famiglie, ai minori, ai fragili), ci sono dei figli grandi con i quali concordare le strade da intraprendere (pensiamo alle forze economiche del paese: lavoratori, imprenditori, commercianti, artigiani, ecc), ci sono degli anziani da accudire e da rispettare, degli ospiti da accogliere, delle regole sociali da seguire (pensiamo alle Leggi), c’è uno stipendio da far bastare (entrate) e un bilancio da far quadrare (la famosa coperta troppo corta).
Come nella famiglia, chi amministra, si occupa di decidere e di governare: deve prendere decisioni fare scelte in funzione delle priorità che ci si dà e delle emergenze impreviste.
Per esempio: saper scegliere le priorità significa saper decidere, una volta pagate le bollette, il mutuo, la scuola i costi sanitari e assistenziali minimi (vedi costi di gestione dell’ente, i mutui per fognature, strade, manutenzioni immobili, ecc.,i servizi alla famiglia, agli anziani, ecc) come spendere e/o investire quel poco che avanza: in servizi alla famiglia? all’impresa? al turismo? agli anziani? in che proporzione, ordine, tempi?
Il tutto facendo i conti con i sempre più frequenti tagli e imprevisti (vedi eliminazione dell’ICI per la prima casa). Per i comuni è stato un po’ come essere messi in cassa integrazione: la cifra riscossa in passato e promessa dallo Stato è arrivata decurtata di un terzo.
A tale proposito, altra grande decisione da prendere è quella nell’ambito del lavoro.
Come ogni individuo deve decidere il modo in cui guadagnare i soldi per sé e per la famiglia, così l’Amministrazione deve decidere come “guadagnare” risorse per gli investimenti necessari allo sviluppo e al miglioramento del territorio: con gli oneri di urbanizzazione (facendo costruire altre case)? chiedendo a Stato e Regione di “regalare” qualcosa (e se non lo fa?), risparmiando sulla spesa corrente (bollette, scuola, salute, paghetta dei figli, feste, ecc.)?
I tagli a servizi primari, come l’assistenza domiciliare agli anziani (fatti dalla Regione Lombardia) o i tagli alla scuola dell’obbligo (programmati dallo Stato), incidono e incideranno sulle tasche di Comuni ed Enti Locali poiché le già poche risorse dovranno essere sottratte ad azioni di miglioramento e investimento per coprire le spese di base minime e necessarie a garantire il rispetto dei principi base che ci siamo dati: la Costituzione.
Torniamo dunque alla somiglianza tra il ruolo di Amministratore e di Genitore.
Il Buon Genitore è quello che deve saper fare, amministrare, prendere decisioni, prendersi cura dei figli piccoli, degli ammalati, allargare la partecipazione ai figli più grandi, costruire sinergie con gli altri, con la società, avere cura delle piccole cose, tenere unita la famiglia, comunità, anche sapendo dire dei no.
Il Buon Amministratore deve saper fare tutto questo ed in più essere rieletto.
2. Dell’essere bravi genitori.
La “famiglia” del Buon Amministratore è una famiglia numerosa,allargata: c’è l’anziano zio, la suocera, i numerosi figli piccoli, i rumorosi figli adolescenti, i figli già grandi, i nipotini, c’è una casa non sempre nuova e bella, spesso ereditata, con tubazioni che perdono, scarichi mal funzionanti, vecchi impianti, un grande giardino e l’orto molto belli, ma faticosi da tenere puliti e in ordine.
In una situazione così complessa spesso non è facile andare tutti d’accordo, ma soprattutto non è possibile accontentare tutti e questo non solo non è un male ma è normale, è naturale.
Lo sforzo da fare non deve essere volto all’ottenimento di un consenso generalizzato costruito sul soddisfacimento di desideri immediati, contingenti, o con azioni populiste.
Non è migliore il genitore che aumenta la paghetta al figlio piccolo, gli compra le caramelle e i gelati quando li chiede, regala il motorino, il telefonino al grande e poi non ha i soldi per riparare il tetto o pagare il qual si voglia imprevisto.
Non è migliore l’amministratore che, per essere amato, riduce le tasse, distribuisce buoni scuola, poi si trova a non avere sufficienti risorse per gestire i costi economici e sociali del vivere in collettività garantire gli stessi servizi per i quali elargisce piccoli e insufficienti contributi.
Essere amministratori non è un hobby, un passatempo ma non deve essere nemmeno un lavoro, è una funzione, una responsabilità che impegna la testa e il cuore 24 h su 24 h.
Nel contempo, mentre si svolge questa funzione di servizio alla società, non si può smettere di lavorare, di avere una vita privata, degli affetti, dei bisogni, una salute. Perciò per farlo bene ci vogliono forza di volontà, idee, sogni, la disponibilità a superare i propri limiti, ma soprattutto ci vuole la collaborazione e la partecipazione di tutti.
Quando si Amministra non si amministra per una parte politica, si amministra per i tutti cittadini guidati da un’idealità che governa le scelte e l’individuazione degli obiettivi da raggiungere.
3. Dell’essere bravi figli
Parliamo adesso dei figli, cioè dei cittadini: chiunque decide di vivere in un contesto sociale di collettività, deve sapere che ha responsabilità non solo verso sé e la sua famiglia ma verso i luoghi in cui vive e le persone che lo circondano.
Se la scelta non è quella di vivere di sussistenza, in un eremo isolato, allora la coerenza impone, in funzione alla propria indole, nella misura e nei tempi che ognuno sceglie rispetto alle sue possibilità e competenze, di fare e avere cura anche degli altri e dell’ambiente che lo circondano.
Non servono grandi azioni e ogni azione è grande: il sorriso e il buon giorno rivolti con sincerità, fermarsi a parlare, offrire un caffé, buttare la carta nel cestino, spazzare la strada davanti casa, impegnarsi in associazioni e volontariato, aiutare e lasciarsi aiutare.
4. Di una sfida possibile
Quando si amministra, si ha la responsabilità di governare la convivenza, di farsi carico dei costi della convivenza stessa, di garantire a tutti, in qualsiasi momento i servizi base, gli strumenti necessari per superare gli ostacoli e colmare le differenze e dove necessario garantire supporto e assistenza.
L’amministratore ha la responsabilità di avere una visione d’insieme in cui i bisogni di ognuno e la loro soddisfazione, non limitino i bisogni collettivi.
L’amministratore ha la responsabilità di lavorare per lo sviluppo economico e la tutela dell’ambiente urbano e naturale.
Per quanto l’amministratore - genitore, si sforzi di fare del suo meglio, nella direzione sopra descritta, di dare il massimo, deve sempre fare i conti con risorse umane, economiche e di tempo insufficienti.Deve prendere decisioni scomode a volte non volute o programmate.
Sempre un genitore, per quanto generoso e attento viene contestato dai figli adolescenti, ma sarà la capacità di quel genitore di osservare e accogliere che porterà in quegli stessi figli, con il tempo, a mutare i loro sentimenti di rabbia in fiducia e riconoscenza. Questo solo quando i figli ormai adulti sapranno vedere il lavoro fatto e comprendere la fatica costata.
Ma, c’è sempre un ma, tutto questo non può accadere se non si costruiscono delle relazioni di ascolto e partecipazione reali, se non si sanno leggere i bisogni del territorio e mediarli con il progetto iniziale e le risorse a disposizione, non può accadere se non si costruisce una rete di relazioni fatte di persone vere. Soprattutto non può accadere, se non si spiega ai cittadini che amministrare è un po’ come essere genitori (bisogna saper dire di no, spiegare i perché e gestire i disagi) ed essere cittadini è un po’ come essere figli (grandi, adulti, responsabili e collaborativi).
1. Della funzione genitoriale dell’amministrare.
L’Amministrazione di un Comune è un’attività che, semplificando, di molto somiglia alla funzione genitoriale. Lo schema è lo stesso: c’è una casa (il Comune) da amministrare, ci sono dei figli piccoli da accudire, da crescere, per i quali pianificare un futuro fatto di possibilità, istruzione, servizi (pensiamo alle famiglie, ai minori, ai fragili), ci sono dei figli grandi con i quali concordare le strade da intraprendere (pensiamo alle forze economiche del paese: lavoratori, imprenditori, commercianti, artigiani, ecc), ci sono degli anziani da accudire e da rispettare, degli ospiti da accogliere, delle regole sociali da seguire (pensiamo alle Leggi), c’è uno stipendio da far bastare (entrate) e un bilancio da far quadrare (la famosa coperta troppo corta).
Come nella famiglia, chi amministra, si occupa di decidere e di governare: deve prendere decisioni fare scelte in funzione delle priorità che ci si dà e delle emergenze impreviste.
Per esempio: saper scegliere le priorità significa saper decidere, una volta pagate le bollette, il mutuo, la scuola i costi sanitari e assistenziali minimi (vedi costi di gestione dell’ente, i mutui per fognature, strade, manutenzioni immobili, ecc.,i servizi alla famiglia, agli anziani, ecc) come spendere e/o investire quel poco che avanza: in servizi alla famiglia? all’impresa? al turismo? agli anziani? in che proporzione, ordine, tempi?
Il tutto facendo i conti con i sempre più frequenti tagli e imprevisti (vedi eliminazione dell’ICI per la prima casa). Per i comuni è stato un po’ come essere messi in cassa integrazione: la cifra riscossa in passato e promessa dallo Stato è arrivata decurtata di un terzo.
A tale proposito, altra grande decisione da prendere è quella nell’ambito del lavoro.
Come ogni individuo deve decidere il modo in cui guadagnare i soldi per sé e per la famiglia, così l’Amministrazione deve decidere come “guadagnare” risorse per gli investimenti necessari allo sviluppo e al miglioramento del territorio: con gli oneri di urbanizzazione (facendo costruire altre case)? chiedendo a Stato e Regione di “regalare” qualcosa (e se non lo fa?), risparmiando sulla spesa corrente (bollette, scuola, salute, paghetta dei figli, feste, ecc.)?
I tagli a servizi primari, come l’assistenza domiciliare agli anziani (fatti dalla Regione Lombardia) o i tagli alla scuola dell’obbligo (programmati dallo Stato), incidono e incideranno sulle tasche di Comuni ed Enti Locali poiché le già poche risorse dovranno essere sottratte ad azioni di miglioramento e investimento per coprire le spese di base minime e necessarie a garantire il rispetto dei principi base che ci siamo dati: la Costituzione.
Torniamo dunque alla somiglianza tra il ruolo di Amministratore e di Genitore.
Il Buon Genitore è quello che deve saper fare, amministrare, prendere decisioni, prendersi cura dei figli piccoli, degli ammalati, allargare la partecipazione ai figli più grandi, costruire sinergie con gli altri, con la società, avere cura delle piccole cose, tenere unita la famiglia, comunità, anche sapendo dire dei no.
Il Buon Amministratore deve saper fare tutto questo ed in più essere rieletto.
2. Dell’essere bravi genitori.
La “famiglia” del Buon Amministratore è una famiglia numerosa,allargata: c’è l’anziano zio, la suocera, i numerosi figli piccoli, i rumorosi figli adolescenti, i figli già grandi, i nipotini, c’è una casa non sempre nuova e bella, spesso ereditata, con tubazioni che perdono, scarichi mal funzionanti, vecchi impianti, un grande giardino e l’orto molto belli, ma faticosi da tenere puliti e in ordine.
In una situazione così complessa spesso non è facile andare tutti d’accordo, ma soprattutto non è possibile accontentare tutti e questo non solo non è un male ma è normale, è naturale.
Lo sforzo da fare non deve essere volto all’ottenimento di un consenso generalizzato costruito sul soddisfacimento di desideri immediati, contingenti, o con azioni populiste.
Non è migliore il genitore che aumenta la paghetta al figlio piccolo, gli compra le caramelle e i gelati quando li chiede, regala il motorino, il telefonino al grande e poi non ha i soldi per riparare il tetto o pagare il qual si voglia imprevisto.
Non è migliore l’amministratore che, per essere amato, riduce le tasse, distribuisce buoni scuola, poi si trova a non avere sufficienti risorse per gestire i costi economici e sociali del vivere in collettività garantire gli stessi servizi per i quali elargisce piccoli e insufficienti contributi.
Essere amministratori non è un hobby, un passatempo ma non deve essere nemmeno un lavoro, è una funzione, una responsabilità che impegna la testa e il cuore 24 h su 24 h.
Nel contempo, mentre si svolge questa funzione di servizio alla società, non si può smettere di lavorare, di avere una vita privata, degli affetti, dei bisogni, una salute. Perciò per farlo bene ci vogliono forza di volontà, idee, sogni, la disponibilità a superare i propri limiti, ma soprattutto ci vuole la collaborazione e la partecipazione di tutti.
Quando si Amministra non si amministra per una parte politica, si amministra per i tutti cittadini guidati da un’idealità che governa le scelte e l’individuazione degli obiettivi da raggiungere.
3. Dell’essere bravi figli
Parliamo adesso dei figli, cioè dei cittadini: chiunque decide di vivere in un contesto sociale di collettività, deve sapere che ha responsabilità non solo verso sé e la sua famiglia ma verso i luoghi in cui vive e le persone che lo circondano.
Se la scelta non è quella di vivere di sussistenza, in un eremo isolato, allora la coerenza impone, in funzione alla propria indole, nella misura e nei tempi che ognuno sceglie rispetto alle sue possibilità e competenze, di fare e avere cura anche degli altri e dell’ambiente che lo circondano.
Non servono grandi azioni e ogni azione è grande: il sorriso e il buon giorno rivolti con sincerità, fermarsi a parlare, offrire un caffé, buttare la carta nel cestino, spazzare la strada davanti casa, impegnarsi in associazioni e volontariato, aiutare e lasciarsi aiutare.
4. Di una sfida possibile
Quando si amministra, si ha la responsabilità di governare la convivenza, di farsi carico dei costi della convivenza stessa, di garantire a tutti, in qualsiasi momento i servizi base, gli strumenti necessari per superare gli ostacoli e colmare le differenze e dove necessario garantire supporto e assistenza.
L’amministratore ha la responsabilità di avere una visione d’insieme in cui i bisogni di ognuno e la loro soddisfazione, non limitino i bisogni collettivi.
L’amministratore ha la responsabilità di lavorare per lo sviluppo economico e la tutela dell’ambiente urbano e naturale.
Per quanto l’amministratore - genitore, si sforzi di fare del suo meglio, nella direzione sopra descritta, di dare il massimo, deve sempre fare i conti con risorse umane, economiche e di tempo insufficienti.Deve prendere decisioni scomode a volte non volute o programmate.
Sempre un genitore, per quanto generoso e attento viene contestato dai figli adolescenti, ma sarà la capacità di quel genitore di osservare e accogliere che porterà in quegli stessi figli, con il tempo, a mutare i loro sentimenti di rabbia in fiducia e riconoscenza. Questo solo quando i figli ormai adulti sapranno vedere il lavoro fatto e comprendere la fatica costata.
Ma, c’è sempre un ma, tutto questo non può accadere se non si costruiscono delle relazioni di ascolto e partecipazione reali, se non si sanno leggere i bisogni del territorio e mediarli con il progetto iniziale e le risorse a disposizione, non può accadere se non si costruisce una rete di relazioni fatte di persone vere. Soprattutto non può accadere, se non si spiega ai cittadini che amministrare è un po’ come essere genitori (bisogna saper dire di no, spiegare i perché e gestire i disagi) ed essere cittadini è un po’ come essere figli (grandi, adulti, responsabili e collaborativi).
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1 commento:
osservazione interessante
argomento da approfondire, la società è un insieme di famiglie...
bravi
r.s.
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